E’ la città pallavicina per eccellenza, costruita per essere più fastosa ed imponente della Busseto che Giovanni Lodovico aveva dovuto lasciare al fratello
itinerari piacentini
Cortemaggiore si offre alla vista quasi all’improvviso, al termine di un rettifilo che sembra non finire mai o di una serie di controcurve che la nascondono alla vista apparendo esattamente come la volle Giovanni Lodovico Pallavicino nel 1479: una reggia rinascimentale dalle pareti enormemente dilatate, una scacchiera che certamente riprendeva la teoria della “Città Ideale” di Leon Battista Alberti, ma che espandeva, nel progetto di Maffeo da Como, quell’alternarsi di quadri bianchi e rossi che è il cuore dello stemma Pallavicino, la rappresentazione del potere marchionale.
Un unico grandioso palazzo per tutti i magiostrini, così si chiamano i suoi abitanti, costruito “ad immagine e somiglianza” di quello che il Bramante stava realizzando proprio per il marchese, circondato da mura e torrioni, ma bello di portici vastissimi e di grandi volumetrie perfettamente in equilibrio fra pieni e vuoti.
E’ la città pallavicina per eccellenza, costruita per essere più fastosa ed imponente della Busseto che Giovanni Lodovico aveva dovuto lasciare al fratello; così, oltre agli edifici ed agli spazi decisamente aulici, il marchese volle anche chiese e conventi imponenti, ed i suoi successori, a partire dal figlio Rolando II, li abbellirono con opere d’arte di assoluto valore, ancor oggi vanto della piccola Capitale pallavicina.
Opre di Filippo Mazzola, padre del Parmigianino, del Pordenone, di Carracci, di Sabbioneta e di Antonietto de Renzi, di Roberto de Longe e Giuseppe Natali, di Carlo Bonisoli ma anche di Giovanni Battista Tagliasacchi, di Gernaardt, di Domenico Dossa, di Bernardino Barca, di Cecrope Barilli e di Francesco Scaramuzza, autore di quella “Vergine degli Angeli” che ispirò Verdi nella composizione di uno dei suoi cori più famosi. E qualcuno avanza anche i nome di Leonardo, senza però averne testimonianze certe.
I Pallavicino, perciò, non si limitarono a costruire un grandioso palazzo per tutti i magiostrini, preti e frati compresi, ma lo abbellirono e lo dotarono di tutti i servizi indispensabili, tra i quali un Ospedale che, considerando che siamo nel 1495, rappresentava un segno di potere, posto alla porta che introduceva in paese dalla strada di Cremona. L’ospedale era aperto a tutti, compresi quei pellegrini che dalla città lombarda viaggiavano verso la Via Francigena per Roma e che trovavano qui accoglienza e cure in caso di necessità, con 12 posti letto ed un medico stipendiato dai marchesi. Non solo, perchè l’ospedale aveva anche il compito di sovvenire alle necessità dei poveri di tutto lo Stato di Cortemaggiore, nonchè (udite, udite – siamo al tempo di inquisizione spagnola!) all’erogazione di una forte somma di denaro per la riabilitazione di un carcerato detenuto a Cortemaggiore, quindi condannato dalle stesse leggi dal marchese, cioè di un signore assoluto.
Questo è il patrimonio più vivo che la famiglia Pallavicino ha lasciato, Cortemaggiore, alla sua piccola Capitale: umanità, carità, ospitalità, rispetto. E, con questi, più speranza per tutti.
Cortemaggiore è, anche oggi, soprattutto questo: arte, storia, cultura, immersi nella tradizione di ospitalità che fa della Bassa un territorio unico, un “Mondo Piccolo” con un cuore grande così!
Cortemaggiore racconta un pezzo importante anche di economia e società, in un contesto internazionale con Enrico Mattei, l’uomo che ha “osato” sfidare il potere delle Sette sorelle.
